lunedì 27 dicembre 2010

domenica 5 dicembre 2010


Lo dico in brutta copia, a voce bassa,
ché non è ancora venuto il momento:
il gioco del cielo irresponsabile
si attinge col sudore e l’esperienza.

E sotto il cielo dimentichiamo spesso
- sotto un purgatoriale cielo effimero -
che il felice deposito celeste
è una mobile casa della vita.

Osip Mandel'stam, Cinquanta poesie

sabato 30 ottobre 2010

lunedì 27 settembre 2010


In fear every day,m every evening,
He calls her aloud from above,
Carefully watched for a reason,
Painstaking devotion and love,
Surrendered to self preservation,
From others who care for themselves.
A blindness that touches perfection,
But hurts just like anything else.

Isolation, isolation, isolation.

Mother I tried please believe me,
I'm doing the best that I can.
I'm ashamed of the things I've been put through,
I'm ashamed of the person I am.

Isolation, isolation, isolation.

But if you could just see the beauty,
These things I could never describe,
These pleasures a wayward distraction,
This is my one lucky prize.

Isolation, isolation, isolation, isolation, isolation.

Joy Division


martedì 14 settembre 2010

sabato 11 settembre 2010

mercoledì 1 settembre 2010

sabato 17 luglio 2010

mercoledì 23 giugno 2010


Conosco delle barche
che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.

Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.

Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.

Conosco delle barche talmente incatenate
che hanno disimparato come liberarsi.

Conosco delle barche che restano ad ondeggiare
per essere veramente sicure di non capovolgersi.

Conosco delle barche che vanno in gruppo
ad affrontare il vento forte al di là della paura.

Conosco delle barche che si graffiano un po’
sulle rotte dell’oceano ove le porta il loro gioco.

Conosco delle barche
che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora,
ogni giorno della loro vita
e che non hanno paura a volte di lanciarsi
fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.

Conosco delle barche
che tornano in porto lacerate dappertutto,
ma più coraggiose e più forti.

Conosco delle barche straboccanti di sole
perché hanno condiviso anni meravigliosi.

Conosco delle barche
che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno,
e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti
perché hanno un cuore a misura di oceano.

Jacques Brel


Degli strani riflessi palpitano ai vetri...
Ho paura, - e sono triste, Signore, d'essere così triste.

«Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?»
- Tremare la luce, umile nel mattino.
«Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?»
- Palpitare come mani biancori smarriti.

«Dic nobis, Maria, quid vidisti in via? »
- Trasalirmi nel seno il presagio di primavera.

Signore, l'alba è scivolata fredda come un sudario
E ha messo a nudo nell'aria i grattacieli.

Già un rumore immenso risuona sulla città.
Già balzano i treni, rombano e passano.
La metropolitana corre e rimbomba sottoterra.
I ponti vibrano al passare dei treni.

La città trema. Grida, fuoco, fumo,
Urlano rauche le sirene a vapore.
Una folla sudata per la febbre dell'oro
Si pigia e sprofonda in lunghi corridoi.

Offuscato, nell'intrico dei tetti fumanti,
Il sole, è il tuo Volto lordato dagli sputi.

Offuscato, nell'intrico dei tetti fumanti,
Il sole, è il tuo Volto lordato dagli sputi.

Signore, rincaso stanco, solo, estremamente depresso...
La mia camera è spoglia come una tomba...
Signore, sono solo e ho la febbre...
Il mio letto è gelato come una bara...

Signore, chiudo gli occhi e batto i denti...
Sono troppo solo. Ho freddo. Ti chiamo...

Centomila trottole vorticano davanti ai miei occhi...
No, centomila donne... No, centomila violoncelli...

Penso, Signore, alle mie ore infelici...
Penso, Signore, alle mie ore per le strade...
Non penso più a Te. Non penso più a Te.

Blaise Cendrars
New York, aprile 1912

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venerdì 11 giugno 2010


La poesia è un attentato celeste

Io sono assente ma in fondo a questa assenza
C’è l’attesa di me stesso
E quest’attesa è un’altra forma di presenza
L’attesa del mio ritorno
Io vivo in altri oggetti
Viaggio dando un po’ della mia vita
A certi alberi e a certe pietre
Che mi hanno aspettato molti anni
Si sono stancati di aspettare e si sono seduti
Io non sono e sono
Sono assente e sono presente in stato d’attesa
Essi volevano il mio linguaggio per esprimersi
E io volevo il loro per esprimerli
Ecco qui l’equivoco l’atroce equivoco.
Angoscioso penoso
Mi addentro in queste piante
Lasciando i miei abiti
Mi stanno per cadere le carni
E il mio scheletro si riveste di cortecce
Sto diventando albero
Quante cose mi sono convertito in altre cose…
E’ doloroso e pieno di tenerezza
Potrei gridare ma si spaventerebbe la transustanziazione
Bisogna restare in silenzio Aspettare in silenzio

V. Huidobro


domenica 23 maggio 2010


Non ci sono uomini poco interessanti.
Sono i loro destini storie di pianeti.
Tutto, nel singolo destino, è singolare
E non c’è un altro pianeta che gli somigli.
Ma se qualcuno è vissuto inosservato
– e di questo si è fatto un amico -
tra gli uomini è stato interessante
anche col suo passare inosservato.
Ognuno
Ha un mondo misterioso
Tutto suo.
E in esso c’è l’attimo più bello
E l’ora più angosciosa,
solo che noi non ne sappiamo niente.
Se muore un uomo,
con lui muore
la sua prima neve, il primo bacio,
la sua prima battaglia…
E tutto egli porta via con sé.
Restano, è vero, libri e ponti
Macchine e quadri. E’ destino
Che molto rimanga, eppure
Qualcosa se ne va lo stesso.
E’ la legge di un gioco spietato:
non muoiono uomini,
ma interi mondi.
Ricordiamo gli uomini, terrestri e peccatori.
Ma, in sostanza, che ne sapevamo di loro?
Che ne sappiamo di fratelli e amici?
Che ne sappiamo del nostro unico amore?
E anche di nostro padre, sapendo tutto,
noi non sappiamo niente.
Gli uomini passano…
Ed è impossibile richiamarli in vita.
Impossibile risuscitare i loro mondi misteriosi.
Ma ogni volta desidero ancora
Gridare
per questa irrevocabilità

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko


giovedì 8 aprile 2010

sabato 27 marzo 2010

giovedì 25 marzo 2010

venerdì 19 marzo 2010

lunedì 15 marzo 2010

sabato 13 marzo 2010





Sono usciti dal ventre delle loro madri
a ritrovarsi in marciapiedi o in prati
preistorici, e iscritti in un'anagrafe
che da ogni storia li vuole ignorati...
Il loro desiderio di ricchezza
è, così, banditesco, aristocratico.
Simile al mio. Ognuno pensa a sé,
a vincere l'angosciosa scommessa,
a dirsi: "È fatta," con un ghigno di re...
La nostra speranza è ugualmente ossessa:
estetizzante, in me, in essi anarchica.
Al raffinato e al sottoproletariato spetta
la stessa ordinazione gerarchica
dei sentimenti: entrambi fuori dallastoria,
in un mondo che non ha altri varchi
che verso il sesso e il cuore,
altra profondità che nei sensi.
In cui la gioia è gioia, il dolore dolore.
P.P. Pasolini Il desiderio di ricchezza del sottoproletariato romano

martedì 9 marzo 2010


«Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercar di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercar di uccidere il sole. Siamo nati fortunati, pensò.
Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c'è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.
Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercar di uccidere il sole o la luna o le stelle. Basta già vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.»
E. Hemingway

«Nulla atterrisce più di uno specchio una coscienza non tranquilla»
L. Pirandello